Il lavoro che verrà

Partiamo dal dato che sta facendo tanto discutere: riguarda i cosiddetti Neet, giovani che in Italia non studiano e non lavorano. Sono almeno 3 milioni, e sono il 75% in più della media europea.

Al contempo ci sono difficoltà a reperire forza lavoro qualificata e non, a tutti i livelli. Io giovani trovano sempre meno spazio in un mercato del lavoro che avrebbe bisogno di loro. Al  mismatch dovuto alla mancanza di adeguate qualifiche professionali ora sembra aggiungersi anche la difficoltà di trovare personale non necessariamente con competenze pregresse per lavori più in voga d’estate, dai camerieri ai baristi agli addetti alle relazioni con i clienti.

Interessante su questi temi il confronto con Alessandro Ramazza, Presidente di Assolavoro l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro che aggrega e rappresenta oltre l’85% del settore. A lui abbiamo chiesto una serie di commenti e prospettive rispetto a uno scenario che istituzioni e politica devono necessariamente prendere a cuore.  E migliorare…

Presidente, cosa emerge su questi fenomeni dal vostro Osservatorio?

Il mondo del lavoro ha raggiunto una elevata dinamicità, le narrazioni spesso però confondono temi differenti. Da una parte vi è la mancanza di competenze adeguate, soprattutto in chiave digitale, che poi è un termine trasversale che riguarda ormai quasi tutte le professioni, dall’operaio specializzato all’ingegnere aerospaziale. Su questo fronte le Agenzie per il Lavoro svolgono un ruolo fondamentale da oltre vent’anni sia individuando i profili professionali più adatti alle richieste delle singole aziende, sia formando le persone, con percorsi gratuiti, mirati a una precisa occasione di lavoro e un obbligo di placement: almeno un corsista su tre alla fine del percorso di formazione accede a una reale occasione di occupazione. Vi è poi il tema esploso con i lavori estivi

 

Sono moltissimi gli imprenditori che segnalano difficoltà a trovare personale e spesso attribuiscono la responsabilità al reddito di cittadinanza…

Convergono diversi fattori: il livello delle retribuzioni, la perdita delle professionalità a seguito di crisi settoriali come nell’edilizia negli ultimi dieci anni e nella ristorazione e nella logistica nel periodo di lock down, un diverso approccio al rapporto tra tempo e luogo di lavoro, un diverso bilanciamento dei tempi di vita.

Il reddito di cittadinanza, dal canto suo, ha un difetto di origine, mischia due obiettivi che andavano e andranno tenuti distinti. Da una parte vi è una funzione di sostegno economico, in chiave sociale, che tutti i Paesi più evoluti garantiscono a chi non è nelle condizioni di provvedere a se stesso con un lavoro. Dall’altra parte vi sono le politiche attive, ovvero i percorsi che portano le persone, a cominciare dai giovani che non studiano e non lavorano, da quella condizione a una opportunità di lavoro. Su questo secondo punto le criticità, segnalate da Assolavoro come da altri interlocutori già in fase di elaborazione della norma, sono evidenti. E occorre intervenire, con a mente sgombra da approcci ideologici, semplicemente analizzando i dati e provvedendo alle correzioni. Lo dobbiamo soprattutto alle nuove generazioni.

 

Quanti sono i giovani che lavorano con le Agenzie?

Con le Agenzie per il Lavoro mediamente lavorano oltre 500mila persone, una su quattro ha un contratto a tempo indeterminato. Gli under 34 rappresentano circa la metà di tutte le persone impiegate in somministrazione. Chi entra nel mondo del lavoro tramite una Agenzia ha prima di tutto, per legge, i diritti, le tutele e la retribuzione prevista per i lavoratori dipendenti dalle norme e dai Ccnl. Ha poi opportunità molto più elevate, anche rispetto a chi entra nel mondo del lavoro con un contratto a termine alle dirette dipendenze di una azienda, di accedere a una occupazione stabile entro dodici mesi (i18% per i giovani in somministrazione, contro il 12% di chi ha un lavoro a termine).

 

Quali sono le prospettive per il lavoro per i prossimi mesi, possiamo sperare in buoni spiragli per il futuro? 

È molto complicato fare previsioni con uno scenario così mutevole sul piano internazionale, per via del conflitto in Ucraina (Assolavoro su questo fronte ha avviato un progetto con Unhcr per accogliere i rifugiati con servizi di supporto economico, formativo e servizi per accedere a un lavoro ndr), della scarsità di materie prime, del tema ergetico.

Vi sono tuttavia delle direttrici di lungo corso che meriterebbero maggiore attenzione, basti pensare al tema demografico. Nei prossimi trent’anni la popolazione in età lavorativa scenderà di più di dieci punti percentuali, dal 63,8% al 53,3%. Nel 2050 il rapporto tra giovani e anziani sarà di uno a tre. Se non si interviene con un piano energico – e ora con il Pnrr le condizioni per farlo potrebbero esserci – per riportare i Neet verso una condizione attiva, di formazione o di lavoro, per accrescere le competenze di tutti e per rendere l’Italia un Paese attrattivo soprattutto per le professionalità a più elevato impatto prospettico sarà difficile mantenere o accrescere benessere e competitività sul piano internazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *