A tu per tu con.. autori “sul divano”

“Sogni, favole, illusioni, storie, leggende, sensazioni, impressioni, voli di piume, lagrime di luna e soffi d’amore che si fanno realtà”.        

Queste le prime parole che si leggono aprendo il libro di Marco Marrocco “Vincent sul divano”(Fefè ed.) autore eclettico, persona simpatica e sensibile, che oggi vogliamo conoscere meglio e più da vicino. Prendendo spunto proprio da questo suo libro, particolarmente profondo ed originale nei contenuti.                                                       

Marco, a che età e come hai capito che “da grande” avresti voluto essere uno scrittore?                                                                                                                        A sedici anni. Fu allora che passai da Rambo a Rimbaud.                                                           

Non male, lo stacco rende molto bene l’idea! Il rapporto con la tua famiglia, racchiuso in due parole e valori
La famiglia è il luogo della comprensione e della sicurezza. Questo vuol dire che è anche il luogo dal quale scaturisce la libertà, quella di allontanarsene per crescere e diventare quello che siamo.     

Come nasce il tuo ultimo libro?
Da una febbre, non fisica, ovviamente. Avevo in mente da tempo di scrivere qualcosa su Van Gogh, ma pensavo di inserirlo all’interno di un romanzo, o comunque in un testo non necessariamente dedicato a lui. Poi i pezzi di quello che avevo in mente si sono avvicinati fino a farmi scorgere un’immagine, e prima che si formasse ho cominciato a scrivere, così da vederla completarsi sotto le mie mani. Come fa un pittore.                   

In quali aspetti ti riconosci ed in quali invece ti vedi lontano dalle generazioni dei millennials…
Ho 40 anni. Se la mettiamo in termini di generazioni credo che siano poche le cose in comune tra la mia generazione e quella dei millennials. Poi leggo una poesia di Catullo e mi dico che questa storia delle generazioni è un finto problema.             

Essere giovani oggi, secondo te, vuol dire…
Vuol dire sentirsi dire continuamente “quanto è bello essere giovani”. Qualunque giovane al mondo sa che non è vero. Sa che i grandi conflitti, le prime sfide con noi stessi, la ricerca di quello che siamo cominciano proprio in quell’età che gli adulti vedono meravigliosa solamente perché non ci sono le bollette da pagare e un lavoro che, nel novanta per cento dei casi, non è quello che avrebbero voluto. Ecco, al di là dei miti della giovinezza, essere giovani oggi è una ricerca, più o meno consapevole, di un equilibrio tra leggerezza e ansia del futuro.                                                                

Il progetto che dedicheresti o condivideresti con dei giovani
Discutere, parlare e fare arte. In qualunque forma.   

Chi è un innovatore per te?
Chiunque sia in grado di creare regole nuove, di dare una forma nuova alla libertà.                       

Una “foto”, un’istantanea della tua vita, che ha un particolare significato per te e che avresti piacere a condividere…
Il giorno della mia laurea. Ricordo la felicità di mio padre, la sua commozione, le splendide parole, cariche di sincerità che disse quel giorno: “finalmente non dovrò più pagare la retta”.          

Tutte le generazioni condividono presente e futuro: due battute su entrambe, sul versante personale e professionale
Dal punto di vista professionale, nel mio presente c’è già un nuovo libro. Spero di vederlo pubblicato in un futuro non molto lontano. Sul piano personale, invece, sono troppo curioso per non godere di entrambi, presente e futuro. La verità è che vorrei vedere come sarà il mondo nel 2400. Ma credo che non ci riuscirò.                                  

Il denominatore sicuramente comune a più generazioni è uno: il sogno.. 
Forse è così, capiremmo di più di una generazione, o di più generazioni, studiandone i sogni. Ma diciamolo a bassa voce, prima che a qualcuno venga in mente di farlo. Riconosco nel sogno una forza propulsiva, ma so anche quanto i sogni possano essere pericolosi, soprattutto quando non si avverano. Ecco, dei sogni si dovrebbe dire quello che si sente nelle pubblicità dei medicinali in televisione: possono avere effetti indesiderati anche gravi, leggere attentamente il foglietto illustrativo. Peccato che non ci sia bugiardino per i sogni di ciascuno di noi.

La valigia diplomatica

“Valigia Diplomatica” (Edizioni Mind), con prefazione di Stefano Folli, è un libro che racconta le tappe del percorso che ha portato l’autore Antonio Morabito dal piccolo paese natio alla professione di Ambasciatore, dalle esperienze in Italia e all’estero sino alla Farnesina. Dall’Indonesia dall’Indonesia all’Argentina, dall’Iran alle nazioni africane coinvolte nei programmi della Cooperazione fino al Principato di Monaco, un percoso interessante da leggere anche e soprattutto per un giovane che pensi di intraprendere una carriera di questo tipo. Un libro “sincero e autentico” scrive Stefano Folli in cui l’autore “racconta di sé e della sua carriera in diplomazia con uno stile semplice ed efficace. Descrive soprattutto un percorso esistenziale, il cammino di un giovane figlio della Calabria onesta e operosa deciso ad aprirsi al mondo attraverso il servizio al ministero degli Esteri”. Si tratta di un testo di agevole lettura che rievoca con nitidezza le aspirazioni e i momenti più significativi della carriera alla Farnesina e all’estero aprendo al lettore un mondo poco conosciuto, caratterizzato da specifiche modalità di ingresso, tradizioni e passaggi. Sottolinea il valore del mestiere della diplomazia, così come ad altre carriere dello Stato, quale opportunità professionale per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro estrazione sociale e dalla loro provenienza geografica, così come strumento di garanzia del principio costituzionale della neutralità della pubblica amministrazione. Il libro con i suoi aneddoti e i tanti inediti episodi vissuti rappresenta un messaggio di ottimismo ed anche un interessante strumento per quei giovani interessati alle carriere internazionali e curiosi di conoscere il mondo, che coltivano il sogno di mettere i loro talenti al servizio del Paese. 

Di

– Antonio, la valigia diplomatica è un racconto di lavoro e di vita, come è iniziato questo percorso da un piccolo paese fino agli angoli del mondo più affascinanti?
In realtà è una storia normale, un racconto come tanti: un ragazzo del sud che prende la sua valigia -emblematicamente di quella appartenuta al nonno anche lui partito a suo tempo – e inizia un cammino fatto di studi tanta volontà e determinazione per arrivare a una metà sognata e agognata.

– In occasione della recente presentazione di Assisi e in altre città italiane sono stati molti i plausi, dei relatori e del pubblico ad un’opera che ben racconta la “missione” di chi ha scelto di serve lo Stato: in questo delicato momento storico, che messaggio si sente di lanciare a chi deve rappresentarci nel mondo?                                                                           Mi sento di ripetere quello che affermo più volte nel libro, ossia che
quello del diplomatico non è un lavoro qualsiasi ma è soprattutto una missione. Come afferma Stefano Folli nella sua prefazione “viene riaffermato il senso di “servire” lo Stato in un’accezione che costituisce la norma nel mondo anglosassone, ma che da noi non viene affermata con altrettanto orgoglio.

– La valigia diplomatica spazia dai racconti d’infanzia ai gradi palcoscenici del mondo: quale il fil rouge che lega questo affascinante percorso?
Sicuramente la passione e l’orgoglio di servire il proprio Paese ma anche di realizzazione personale e poi, le esperienze vissute come elemento di ricchezza e il rapporto con le persone e con il mondo e i mondi nuovi o le culture differenti vissuti come autentici traguardi e come storie da condividere. 

Rossella Brescia e la sua scuola per i talenti

Una scuola nata “con l’intento di coltivare e scoprire il talento dei ragazzi, in particolare a vantaggio di quelli che vivono in piccoli centri e non hanno quindi la possibilità di studiare in grandi scuole come Scala, Teatro dell’Opera ed altri”.

A parlare è Rossella Brescia, impegnata da tempo con successo in radio con “Tutti pazzi per RDS”, attualmente sul piccolo schermo con “Piccoli giganti”, a contatto proprio con simpatici, piccolissimi protagonisti.

Un’ artista, dunque, è il caso di dire “a tutto tondo”, che qui ci fa piacere ospitare per le interessanti riflessioni sulla formazione e sui giovani che ci consente di condividere. In virtù proprio di un suo personale, significativo impegno.

Partiamo dall’inizio…

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A tu per tu con Gianmarco Tognazzi

 

Arte, cinema, giovani.

Tre battute per sintetizzare quello che abbiamo messo al centro della nostra chiacchierata con Gianmarco Tognazzi.

Artista ben noto, dalle cui parole traspaiono vera passione ed una particolare sensibilità umana.

Ad avviare il nostro confronto il progetto “Etiquo film”, un’interessante opportunità per tutti i filmmakers. Si tratta di un progetto ideato dal produttore e fondatore di Cine1 Media Group, Pete Maggi (già socio di Eagle Pictures coi fratelli Dammicco e di Adler) in associazione con Operation Services (consorzio di operatori finanziari) e il suo Amministratore Vincenzo Giacomini.

In sostanza un concorso per soggetti e sceneggiature di cortometraggio, ognuno della durata di 10 minuti circa, dedicato a giovani di massimo 35 anni, che costituiranno un film a episodi di 10 storie, dunque in una forma che da tempo non si produce in Italia. E ciò nonostante precedenti illustri della storia del cinema come “I mostri” del 1963, film in 20 episodi diretto da Dino Risi, interpretati principalmente da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi.

Nome che ci consente di arrivare al coinvolgimento nel progetto di Gianmarco quale Presidente della Giuria chiamata a valutare le opere…

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Pop strumentale, tutto da vedere

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Presentato di recente al Teatro Quirinetta di Roma, Hid & Lenny è un racconto musicale dal fascino particolare. Tratto dall’album Flyaway, pubblicato da Sony Classical lo scorso marzo 2016, è già stato premiato dal successo di pubblico dal vivo. Incarna un genere diffuso tra le nostre generazioni, in realtà conosciuto un tempo come crossover, che possiamo invece oggi definire come pop strumentale. 

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Paura? C’è, ma andiamo al di là..

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Si conclude stasera l’edizione 2016 di Bookcity Milano, iniziativa che vede insieme editori, biblioteche e librai italiani, uniti per realizzare un evento, o meglio una serie di eventi, con l’obiettivo di promuovere la cultura e la lettura.

Uno di questi incontri ha visto protagonista il libro “Al di là della paura“, opera prima di Laura Busnelli. Il titolo attira proprio perché, oggi più che mai, la paura sembra compagna di viaggio ricorrente per le giovani generazioni. E in effetti la frase che troviamo sulla quarta di copertina conferma la fondatezza di questa curiosità. È molto interessante, recita “A volte le peggiori gabbie sono quelle che ci costruiamo noi stessi. Le peggiori gabbie sono già in noi”.
Un bell’invito a riflettere…

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Un momento che richiede il contributo di nuove (gener)azioni..

nuoveprospettive

Avrei voluto esordire con parole che, pur pronunciate da una Santa come Caterina da Siena, contestualizzate nella realtà degli ultimi giorni e delle ultime ore potrebbero non evocare a primo impatto la forza e la valenza positiva che in realtà incarnano. Arriverò comunque a queste parole di grande significato, non solo o non necessariamente religioso, ma senza dubbio sociale e culturale, con una necessaria premessa.

Il pensiero va ovviamente a quanto nel mondo, in Europa, stiamo ultimamente vivendo, dai sempre più tragici episodi di violenza ai mutamenti dello scenario politico e socio-economico. Le vicende di Nizza ed il golpe turco di ieri sono rispettivamente solo gli ultimi, eclatanti casi. Grandi tensioni e grandi cambiamenti sono gli attori principali cui oggi vediamo calcare il palcoscenico globale.

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