Sport è cultura, anche nel combattimento. Talenti italiani crescono

Uno sport che continua a diffondersi, facendo conoscere le regole ed i valori dietro quello che non è solo uno scambio di colpi. Purtroppo spesso viene esasperato da chi non è in grado di cogliere le regole, la preparazione e il rispetto che sono alla base di queste discipline. A volte purtroppo, come dimostra un recente incontro di rango globale, anche alcuni professionisti, ma più spesso persone che vedono in questo sport solo un confronto fisico. Un confronto che invece è prima di tutto psicologico e mentale.

Anche l’Italia si sta facendo conoscere in modo sempre più efficace, con nuovi fighters e talenti ad entrare nell’arena. Uno di questi è Gabriele Casella, che lo scorso 1 dicembre ha sconfitto Dani “Breezy” Traore in Bellator Kickboxing (categoria 80 kg) per verdetto unanime della giuria. 

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Questione di Identità

Quel che c’è di certo ?
Il bisogno di Identità. Il bisogno di valorizzarla, riscoprirla, difenderla. Fattore indispensabile, per un Paese e per un popolo. Ma anche per più popoli. Perché quello identitario, che può sembrare tra i discorsi più “escludenti”, è quello su cui si basa in realtà la più concreta delle inclusioni.
“Essere intolleranti con gli intolleranti” ci insegna Popper: in questo caso, qui l’apparente paradosso, essere intolleranti significa tutelare la tolleranza. Paradosso che in linea di principio può essere traslato sul discorso sopra accennato.
Favorire accoglienza ed integrazione non significa dis – integrare la comunità in tante piccole altre comunità, arroccate sui propri credo e sui propri destini. Significare darsi un codice di regole comuni, dal rispetto delle quali scaturisce il rispetto e (dunque) una reale, pacifica convivenza. E possiamo parlare tanto di popoli quanto di generazioni. Chi non tollera? Non può essere tollerato.
Oggi più che mai non possiamo permetterci di scherzare, di farci prendere la mano da tentazioni buoniste o velleitarie, da soluzioni temporanee o superficiali. Siamo in un momento di crisi, a partire da quella economica, figlia (a mio parere) di una più vasta e profonda crisi culturale.
Bisogna partire da poche e solide regole per costruire molte e solidissime certezze.
Giovani e giovanissimi sono l’obiettivo di questa azione, ma anche e soprattutto la fonte da cui scaturisce il cambiamento. Che passa dal pluralismo, dalla diversità, ma anche dall’onestà intellettuale di riconoscere e garantire un minimo comun denominatore di regole, diritti, principi. Oggi partiamo dal rispetto, domani diventerà sviluppo, crescita e (dunque) libertà.
Regole chiare, amicizia lunga.

Quest’immagine adesso vi evoca gli stessi pensieri di prima?

Dibattiti.. d’autore

Partito il 29 luglio scorso, con un importante talk politico animato dai protagonisti di questi giorni caldi, Garda d’Autore è un nuova agorà in cui confrontarsi su attualità, vedute e valori, dalla cultura alla politica, dal giornalismo all’economia e al costume. 

Tra poco l’appuntamento cui parteciperò, dedicato al cosiddetto ” bon ton”, un universo non solo di forma e (buone) maniere ma anche e soprattutto di sostanza e senso civico. Quello che andrebbe ripassato come studio nelle scuole, oggi, è e deve essere oggetto di una nostra importante riflessione, da parte di giovani e meno giovani. In un momento storico in cui la gentilezza ed il garbo, nelle parole e nelle azioni, dovrebbero rientrare in quel “buon senso” grazie al quale molte conflittualità potrebbero essere affrontate, e risolte. Qualche case history riguarderà anche le protagoniste del mio ultimo libro (Fenomenologia della segretaria), quanti spunti su bon ton e buone maniere… 

Sul tema molto significative le parole di Brunello Cucinelli, “signore” del nostro made in Italy, che invita ad usare parole “belle e gentili”, quindi ad esempio non tanto di “aggredire” il mercato ma di “essere competitivi” su esso. 

Ci sono casi in cui, però, lingua e fatti vanno ben oltre. E noi oggi, grazie alla tappa d’Autore di Garda, vogliamo discutere di come non farlo, partendo dal confronto. Dunque, potenzialmente divisi dalle posizioni, uniti dal rispetto. 

 

 

L’11 settembre, l’identità, il futuro: le nuove generazioni “ponte levatoio” per le società e le culture

Sappiamo cosa ha rappresentato, per gli Stati Uniti e per il mondo intero, quel fatidico 11 settembre 2001. Ognuno di noi ricorda nitidamente quei momenti, dove si trovasse e cosa stesse facendo. Molti di noi non riuscivano a percepire, non immaginavano, almeno nei primi istanti, cosa avrebbe comportato il crollo di quelle due torri. Un passaggio epocale che impone tante riflessioni, reazioni ed azioni conseguenti.

Ci sono sviluppi logici e naturali, ma alcuni “cortocircuiti” su storie e coincidenze che avvolgono di mistero questa vicenda. Consiglio a chi non l’abbia fatto di documentarsi con attenzione, con sguardo “indipendente” e scrupoloso. Senz’altro si è trattatto di un’offesa al cuore degli States, ma proprio per questo, per la sua portata e per i bersagli che ha colpito, non si può non pensare a una rete ampia e fitta di relazioni e trame alla basa dei noti tragici eventi. Perchè gli attacchi sono stati più di uno e rivolti proprio ad alcuni dei centri di potere più rappresentativi degli Usa. Luoghi, città del potere e dell’ Identità.
È su questo che noi vogliamo soffermarci.

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Intanto con un pensiero rispettoso, che tenga vivo quel ricordo e quella solidarietà di cui parlavamo qualche giorno fa, nei confronti di tutti coloro che sono stati colpiti dalla tragedia. Che, di fatto, ha raggiunto comunque ogni angolo della Terra.
L’11 settembre ha imposto di pensare alla nostra sicurezza ed alla nostra comunità. Alle nostre comunità. Alla nostra identità. E alle nostre identità. A seconda del perimetro che vogliamo tracciare tra valori, confini – non solo geografici – che ci tengono insieme ed uniti.

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Forma o sostanza? Questione (anche) di soprabito…

società

ll racconto di un uomo austero, figura storica e notabile uomo della politica e delle Istituzioni, inizia richiamando quest’immagine:

Molto tempo fa, un parlamentare leggeva il giornale nei corridoi della sua Camera di appartenenza, il Senato. Aveva con sé dei documenti ed il suo soprabito, piegato sull’avambraccio. Fin qui nulla di strano, giusto?

E invece no, l’anziano uomo delle Istituzioni, qui in veste di narratore, si ferma proprio a sottolineare l’errore di questo Senatore. Stesso parere aveva Amintore Fanfani, che proprio nel momento descritto dalla voce narrante si trovava a passare in quel corridoio. “Non è così che si sta al Senato della Repubblica  Italiana” esclamò nei confronti del Senatore, “per gli impermeabili c’è il guardaroba!”, lo ammonì. Ed il Senatore reagì come oggi è difficile immaginare. Si scusò, prima di tutto. Per poi dirigersi verso il guardaroba e lasciare il soprabito, come opportuno per il decoro del Palazzo.

Il navigato uomo di potere che lo racconta, ai tempi, ricopriva un’importante carica istituzionale proprio al Senato e per questo motivo aveva assistito alla scena.

Perchè questo racconto?

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