Costo della guerra e giovani consumatori

La guerra in Ucraina sta comportando un notevole aumento dei prezzi delle materie prime e dei generi alimentari. A pagarne le conseguenze i consumatori, in particolare i giovani, che sempre più difficilmente riescono a programmare il loro futuro. Ne parliamo con Denis Nesci, Presidente Nazionale U.di.Con, Unione per la Difesa dei Consumatori…

Presidente, quanto costa secondo lei la guerra in Ucraina ai consumatori italiani, soprattutto giovani?

La guerra in Ucraina sta generando rincari su rincari. Si è scatenata un’onda anomala tra l’aumento dell’energia e l’aumento delle materie prime che farà ricadere sulle tasche dei consumatori un sostanziale aumento dei beni di prima necessità, oltre alla benzina che abbiamo visto arrivare ad oltre i 2 euro a litro. Secondo le stime preliminari dell’ISTAT, nel mese di aprile 2022, i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono aumentati dal +5,0% al +6,0%. L’incremento dei prezzi incide, ovviamente, sulla spesa delle famiglie che si mostrano più prudenti nel consumo di servizi non ritenuti di prima necessità.  Speriamo che settori già in crisi per la pandemia non arrivino al collasso. Il Governo sta ponendo in essere dei sostegni anche per i giovani, ma non sono sufficienti.

Che supporto richiedete al Governo nella gestione della crisi?

I rincari dell’energia, dei carburanti, delle materie prime, l’aumento dei costi di produzione e di distribuzione si sono spostati sugli scaffali dei supermercati e sono sempre più insopportabili per le tasche dei cittadini italiani, specie per i giovani che hanno così difficoltà a programmare il loro futuro. Gli effetti del conflitto e delle sanzioni potrebbero costare all’Italia fino a 9,9 miliardi e spingere l’intera area euro sull’orlo della recessione. Questo rischio è dietro l’angolo con l’Italia che rispetto agli altri paesi della Ue è decisamente più esposta, dato l’altissimo indebitamento e la bassa capitalizzazione. L’Europa e l’Italia devono sforzarsi di più per evitare che le ricadute del caro energia e del caro prezzi possano mettere a repentaglio il potere di acquisto di milioni di cittadini. Servono strumenti europei di lungo periodo per evitare un divario strutturale di competitività sull’approvvigionamento energetico. Fino ad ora, il bilancio è enormemente in perdita per i consumatori.

Quali interventi andrebbero fatti, a lunga durata?

Alcuni provvedimenti spot di lungo periodo potrebbero essere i seguenti:

tetto europeo al prezzo del gas nel breve periodo e l’adozione di un Energy Recovery Fund, come quello istituito durante la pandemia; adeguamento dei salari all’andamento dell’inflazione, come fanno in molti paesi europei. Secondo i calcoli dell’Istat, quest’anno il potere d’acquisto degli stipendi è destinato a diminuire del 5 per cento. Per limitare i danni di una recessione che sembra sempre più probabile, la strada giusta sarebbe quella di incentivare i consumi sostenendo i redditi privati. C’è l’urgenza di alzare gli stipendi; un possibile taglio del cuneo fiscale; un salario minimo, fissando una soglia minima retributiva per i contratti nazionali collettivi; tassazione extraprofitti. In questi mesi di boom dei prezzi dell’energia c’è chi sta guadagnando molto. E allora cerchiamo di colpire questi profitti frutto di speculazione. Vorrei ricordare che gran parte del gas che arriva in Italia, a cominciare da quello russo, viene pagato sulla base di vecchi contratti di fornitura a prezzi di molto inferiori a quelli correnti sul mercato spot. Questi ultimi però sono i prezzi di riferimento applicati al consumatore finale. Quindi c’è un margine enorme di guadagno per importatori e distributori. E bene ha fatto il Governo ad aumentare il prelievo fiscale con il decreto di lunedì scorso. Occorre fare di più; riforma complessiva degli oneri generali di sistema che gravano in bolletta e che comprendono voci ormai obsolete e ingiustificate; istituzione di un albo dei venditori autorizzati ad operare nel mercato energetico, con requisiti di solidità patrimoniale, garanzie finanziarie, correttezza commerciale e impegno per la sostenibilità.

Come associazione dei consumatori, quali iniziative prevedete a tutela dei vostri assistiti?

Come associazione che tutela i consumatori, abbiamo scritto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero dello sviluppo economico per chiedere una defiscalizzazione per i beni di prima necessità interessati agli aumenti dei prezzi e di ridurre il carico fiscale per i carburanti, così da evitare ulteriori aggravi di spesa per i consumatori. Abbiamo chiesto uno stop alle speculazioni sui prezzi, abbiamo sostenuto la misura del price cap dell’energia e la tassazione sugli extra profitti dei big player dell’energia. Gli utenti già provati dalla crisi economica provocata dalla pandemia non possono continuare a sostenere quest’ulteriore impennata di prezzi. Bisogna diversificare le fonti di approvvigionamento, non possiamo scoprirci così esposti ad un’unica fonte. Il grano non può passare tutto dall’Ucraina, così come il gas dalla Russia. Manca una politica multilaterale di approvvigionamento che possa mettere a riparo i consumatori da eventi geopolitici imprevisti che abbiamo scoperto essere all’ordine del giorno.

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