Il momento storico che stiamo vivendo ci fa concentrare su come affrontare questi giorni, il presente. Con tutte le difficoltà del caso, questa è una fase da vivere, però, anche con lo sguardo rivolto al futuro. Quali nuove soluzioni possono esserci nella nostra vita, lavorativa e personale? Come possiamo reagire? Pensando anche a qualche novità che non ci porti auspicabilmente solo alla vita di prima ma a un futuro, se possibile, anche migliore.
E’ lo spirito che anima il Maker Faire Rome 2020, il più grande evento europeo sull’innovazione, che quest’anno è partita il 10 dicembre e sia viva oggi alla conclusione, in modalità interamente online…
Si tratta di una fucina di occasioni, un raduno di innovatori, startupper, ingegneri e artigiani digitali, chiaramente provenienti in molti dalle nuove generazioni, che cercano di avvistare il futuro avvicinandolo in più possibile al presente.
Un grande momento di confronto non solo teorico, come tanti se ne sentono, ma concertino e realmente innovativo La nuova leva del mondo hitech è ovviamente protagonista di questo appuntamento. I lavori legati all’alta tecnologia e alle start up, infatti, sono destinati a crescere costantemente e rappresentare così gran parte delle opportunità professionali ali per gli studenti di oggi.
Il mercato delle aziende che offrono soluzioni ad alta digitalizzazione vale 30 miliardi di euro in Italia e dal 2013 al 2018 l’incremento medio annuo dei ricavi di queste realtà è stato pari al 9%. Per non parlare delle startup, che hanno sperimentato una crescita media del 60% nello stesso quinquennio e sono ormai vettori di sviluppo in ogni ambito, e le tech company che generano un mercato che vale miliardi di euro e impiegano circa 600 mila occupati.
La Maker Faire Rome è promossa e organizzata dalla Camera di Commercio di Roma attraverso la sua Azienda speciale InnovaCamera. Abbiamo compreso come l’innovazione sia protagonista assoluta di questa fiera, sfida irrinunciabile e decisiva per creare nuovi modelli di lavoro e sviluppo che cambieranno il nostro modo di vivere. Favorire il progresso attraverso la condivisione di idee creando un ecosistema virtuoso tra makers, imprese, istituzioni, scuole, università e centri di ricerca è la mission prima della manifestazione. Questa la sua mission.
Fra gli oltre 300 stand, con idee e prototipi innovativi e decine di live conference già allestite, saranno presenti anche 25 progetti di altrettanti ITS (Istituti Tecnici Superiori) da tutta Italia e selezionati dal Ministero dell’Istruzione. Nell’area Education di Maker Faire si potranno conoscere i progetti provenienti da 29 scuole secondarie italiane, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia, e 5 europee (due dalla Croazia e poi Estonia, Romania e Portogallo).
Tra questi un progetto Erasmus plus molto particolare, abbiamo incontrato i suoi “makers” per capirne di più: si chiama No Gender Gap e dal 2008 ha la missione di promuovere l’interesse di bambine, ragazzine e donne in attività e professioni tecno-scientifiche. L’obiettivo è insomma quello di sottolineare quanto sia importante la componente femminile nel mondo dell’innovazione e delle nuove tecnologie e a tal proposito abbiamo intervistato Fiorella Operto, vicepresidente di Scuola di Robotica, partner del progetto.
Perché un progetto come questo alla Maker Faire?
Da tutti i dati della Commissione Europea e dell’Unesco emerge la necessità di un incremento importante dell’alfabetizzazione informatica in Europa. Uno degli attori della società sottorappresentato in questi ambiti è quello delle ragazze e delle donne, che sono raffigurate nell’immaginario comune con minor interesse all’innovazione e alle professioni tecnologiche e scientifiche. Il che non è vero, sono invece meno coinvolte. Abbiamo bisogno di donne che si occupino di scienza e tecnologia, non solo come professioniste anche come madri, zie, nonne. Abbiamo bisogno di più ragazze negli istituti tecnologici, nei dipartimenti di ingegneria e fisica.
Parlare di giovani e innovazione a volta sembra essere un luogo comune, ma si può fare anche concretamente a quanto pare…
È chiaro che la maggior parte dei giovani è innovatore per natura e le nuove generazioni hanno davanti un futuro professionale dove il digitale, la robotica e l’IA saranno certamente presenti. Il problema è come le politiche dei vari governi possano aiutare, come la scuola possa intervenire e formare questi giovani in una prospettiva di futuro digitale e robotico; come i governi possano collaborare a innovare nelle professioni e lo stesso le associazioni industriali, le camere di commercio, i centri di competenza e ogni altro ente preposto. È poi anche una questione di educazione delle famiglie: bisogna spiegare a queste l’importanza di un’alfabetizzazione digitale e robotica. A mancare nella cultura collettiva è la conoscenza dei dati sul mercato del lavoro di oggi e non di rado le ragazze vengono infatti indirizzate a degli studi poco affini o senza un esito professionale ben chiaro.
Come possono essere d’aiuto i progetti di educazione digitale nelle scuole?
Il Piano Nazionale Scuola Digitale è importante e ha fatto fare passi in avanti, ponendo questo problema e aiutando i docenti a essere formati in tale direzione. Siamo in un’epoca in cui i ragazzini usano il digitale anche per conto loro e sappiamo che i bambini da quattro a dieci anni hanno una fruizione costante dello smartphone nella percentuale del 17%. Promuovere queste discipline nelle scuole non significa allora soltanto formare al digitale, ma comunicare tutte le regole per un uso responsabile di questo, evitare fenomeni di cyberbullismo, errori dolorosi, episodi di dipendenza dai social.