Resilienza e condivisione: il “piano B” del cervello

image

Gli ultimi eventi, lo abbiamo detto, ci impongono molte riflessioni. E su molti fronti. Adesso, qui, soffermiamoci su quello che sta accadendo, su come ci stia influenzando e sui sentimenti, sulle emozioni che eventi come quello di Nizza sono capaci di generare.

Ognugno di noi nasce gemello con un’emozione. Quest’emozione è la paura, diceva Hobbes. In effetti, se ci pensiamo, è una delle emozioni più ricorrenti, con varie intensità. Oggi, a livello globale, sicuramente resa più profonda e tangibile da nuovi fattori, “generatori” di terrore.
Che fare?


Condivido i miei pensieri, che credo siano verosimilmente anche vostri, con Rosario Sorrentino, un neurologo che possa darci qualche spiegazione su come il nostro cervello si comporti e qualche consiglio per questa difficile, ma inesorabile, convivenza con la paura. L’orogine dei fatti di Nizza e di quelli affini è, in effetti, incredibile. Qualcuno che rinuncia alla propia vita per seminare morte.  “È sconcertante eppure accade” dice infatti l’esperto “un giovane che decide deliberatamente, annullando il più potente istinto che abbiamo, quello di sopravvivenza, di morire donando il proprio corpo e trasformandolo in una bomba, in un oggetto di morte. Quello che stiamo vivendo ci porta a tu per tu con un’emozione che nella nostra storia evolutiva ha rappresentato per noi un’importante risorsa per sopravvivere e per prevalere alle mille insidie di un ambiente ostile: la paura”.
Voglio lasciare spazio alle sue parole perchè fanno davvero riflettere, specialmente riferite al progetto culturale e generazionale, di cui parla. “Come prima risposta dobbiamo modificare il nostro rapporto con la paura, entrando nelle scuole, puntando sulle nuove generazioni. Formandole ad un nuovo paradigma culturale ed arrivando alla concenzione della paura consapevole. Questo ci aiuterà a desensibilizzare nel nostro cervello i radar, i sensori della paura. Le amigdale che oggi più che mai percepiscono, per tutto quello che assorbono, la sensazione di un pericolo presunto o reale. Siamo chiamati tutti a modificare le nostre abitudini, le nostre azioni e decisioni perchè gli eventi sconvolgenti di oggi ci catapultano, attraverso una sorta di macchina del tempo, all’epoca delle invasioni barbariche, nel perido dell’impero romano. Tempi dai quali siamo arrivati ai nostri giorni proprio grazie anche alla paura, che va gestita come una risorsa. Tutti abbiamo,infatti, a disposizione il piano B del nostro cervello: la resilienza”.
Una parola, sappiamo, largamente diffusa ed attuale. Ma cos’è?
“È quella straordinaria risorsa che ci consente di trasformare uno svantaggio in un vantaggio, perchè si avvale sulla pianificazione del dopo, che consente di poter contare sull’aiuto e sulla condivisione di eventi traumatici: una volta superati ci danno la possibilità di poter esser essere persino più forti e forse anche migliori. È necessario condividere le nostre paure, non negarle, ma gestirle, appunto, come stimoli, come risorse”.
Un nuovo modello comportamentale, dunque, per e tra le generazioni.
Materialmente, al di là di un nuovo approccio dei singoli, cosa fare a livello sociale e collettivo? “Un’opera di sensibilizzazione, a partire dalle scuole” dice Sorrentino “Un vero e proprio progetto interministeriale, che riguardi competenze in materia di sicurezza, istruzione e salute, per formare i giovani partendo dalle scuole, per trasmettere loro una cultura diversa, anche per quanto riguarda la paura. Perché il coraggio non è la manacanza della paura, ma è la consapevolezza di essa, perchè ci conferisce più responsabilità, lucidità e ci restituisce gradualmente a quel pensiero positivo, necessario per affrontare la vita in un momento difficile per tutti noi”.
Parole d’ordine, dunque, resilienza e condivisione. Per un nuovo percorso culturale, tracciato da nuove generazioni. Alla guida di un cambio di paradigma, importante per loro, necessario per tutti.