Ma, allora, è mezzo pieno o mezzo vuoto..?

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Allora c’è una buona notizia: gli occupati aumentano fino al 57,3% tra giugno e luglio 2016, un livello che non si raggiungeva dal 2009. Parola dell’Istat.

Sembrerebbe essercene, però, anche una cattiva: il tasso di disoccupazione a giugno è risalito all’11,6%, in aumento di 0,1 punti percentuali su maggio.  Per i giovani, invece, è sceso fino al 36,5 per cento.

La verità è che spesso è difficile anche decifrare questi dati e capire cosa realmente, a livello sociale, stia succedendo. Prendendo la parte più incoraggiante di questa notizia, resta il fatto che, anche i giovani più dinamici e propositivi, vedono intorno ancora spazi molto ridotti per un percorso professionale stabile, che vada dall’ingresso in realtà consolidate fino all’avvio di nuove attività d’impresa ed individuali.

Il punto è che le generazioni sulle quali bisognerebbe maggiormente investire sembrano essere quelle maggiormente bloccate, depotenziate. A causa di fattori esterni, ma anche della sfiducia che vanno maturando. Una sfiducia legata ad assenza di riferimenti e garanzie concrete, a partire dalla situazione ai limiti del “civile” in cui versa il mercato del lavoro, ma anche e soprattutto punti di riferimento fondamentali da punto di vista morale e psicologico. Dalla famiglia alle Istituzioni, sono sempre più lenti i riferimenti “sociali” che dovrebbero garantire momenti di condivisione, non solo lavorativa.

Non bisogna sottovalutare i disagi di generazioni nelle cui mani è riposto il futuro di tutti.

Basti pensare alla crescita esponenziale, negli ultimi anni, dei disturbi d’ansia  e del dilagare del fenomeno “panico”. Tutt’altro che da banalizzare. È espressione (culmine) del clima che continua drammaticamente a diffondersi, tra tutti in generale e proprio tra i giovani in particolare, causato da una serie di variabili che una summa sintesi può ricondurre ad un’unica parola: incertezza.

È incerto il presente, sono incerte le relazioni, è incerto il posto di lavoro, sono più instabili le relazioni familiari. È incerto il futuro.

È come se un cono d’ombra o, per dare una lettura un po’ più leggera, una nuvola di Fantozzi ci segua in ogni momento ed in ogni dove. Il tutto in assenza di messaggi rassicuranti, legati sia ad esperienze che dalle notizie dei mezzi d’informazione, fonti fondamentali per tutti noi, ma sempre più spesso veri e proprio bollettini di guerra.

D’altro canto, è necessario che questa generazione reagisca o provi a reagire. Faccia il suo, o provi a fare il suo.

È di esempio, in questo caso, la storia del disoccupato che, in linea con la sua cultura anglosassone, alle sette di mattina è già in giro a proporre il suo profilo, i suoi progetti e le sue idee, tutti i giorni della settimana. Mentre c’è chi, di fronte a situazioni senz’altro difficili, non accenna la minima reazione.

Quello dei giovani è un diritto –  dovere di credere, di (re)agire, di rispondere con volontà e determinazione a questi scenari.

Non bisogna utilizzare il “tappo sociale” – comunque grave e pesante – come “scusa” per rinunciare e trovare soluzioni alternative, senza tentare di scardinare logiche e meccanismi arrugginiti e (purtroppo) consolidati.

Ricordiamo che nel dopoguerra il nostro Paese era arrivato ad essere tra le prime potenze economiche mondiali. In un periodo si di ricostruzione, ma poi non così semplice se pensiamo…

E appunto pensare in questo modo, con fiducia, ci consente di vedere le salite che abbiamo davanti, che non scompaiono di certo.  Ma diventano meno ripide.