Generazioni

Mio padre, Pablo Escobar

 

 

A tu per tu con Sebastian Marroquin. Anzi, con Juan Pablo Escobar. Chiamarlo con il suo nome aiuta a comprenderne meglio e subito l’identità e il legame familiare.

Proprio lui, il figlio del “mitico” Pablo Escobar, una figura che Juan Pablo stesso definisce letteralmente tra “mito e realtà”.

Nella tappa romana dei suoi spettacoli ed incontri dedicati a diffondere il culto della “retta via” e della pace, Escobar jr ha raccontato cosa signfichi essere il figlio della persona più ricercata al mondo. Con una taglia di 20 milioni di dollari sulla testa.

Una vita di lussi e felicità solo apparenti. Con una mamma che ha sempre cercato il più possibile di educarli al meglio e tenere il marito lontano dai guai. Certo, consapevole che non fosse la più semplice delle imprese.

Juan Pablo critica diversi passaggi della serie Narcos: le inesattezze, i messaggi che manda e il guadagno associato a questi ultimi. Lui che, pur facendo come professione l’architetto e guadagnando comunque dalle sue attività di scrittore e divulgatore, crede molto nei messaggi giusti e veri, di pace, da diffondere. E destina oltre il 50% dei profitti in beneficenza. 

Parlando della serie Narcos critica molto, ad esempio, il passaggio in cui la mamma impugna un’arma, cosa che “non ha mai fatto nè pensato di fare”, oppure la scena in cui il papà brucia i soldi nel camino per scaldare la sorella infreddolita (“in Colombia abbiamo abbastanza legna che non è necessario bruciare dollari”).

Juan Pablo descrive una vita frenetica, “con lussi che però non si aveva tempo di godere”…

Come quella volta in cui era con il padre in un nascondiglio: avevano con loro 4 milioni di dollari in contanti e non potevano uscire per andare al bar di fronte a spendere pochi dollari per calmare la fame.

E’ una scena emblematica per il messaggio che Juan Pablo vuole lanciare riguardo la vita “dorata” del padre e dei banditi come lui: seminano tragedie e “si godono al massimo il 10% della vita, ho fatto una calcolo che lo dimostra” dice Juan Pablo. Molte delle foto che mostra ritraggono il padre presente insieme a loro giusto per il tempo di scattarle, per poi riprendere a fuggire. Senza godersi la famiglia. “Anche per questo oggi mia sorella ha deciso di sparire, non sappiamo dove sia ma capiamo la sua scelta e rispettiamo la sua privacy. Mio padre, purtroppo, con le sue azioni è stato lontano dai momenti più belli della vita e dalle persone più importanti per lui. E’ un esempio da non seguire”.

Allo stesso tempo, però, Juan Pablo ci parla di un padre premuroso, che gli ha insegnato a tenersi lontano dalle droghe, in modo in effetti un po’ paradossale ma talmente convinto da essere efficace, viste le scelte di vita di Juan Pablo lontane da droga e violenze e dedicate alla giustizia ed alla pace.

Per poi chiudere sulle varie versioni legate alla morte del padre, “che in tanti si sono intestati come trofeo”. Juan Pablo è convinto però che il papà si sia suicidato. Infatti racconta che quel giorno aveva rotto la sua “regola d’oro“: aveva chiamato a casa più volte, cosa che invece raccomandava sempre di evitare. “Sono convinto che mio padre volesse farsi trovare. Mi ha sempre detto, però, che non si sarebbe mai voluto far prendere vivo dalla polizia. Si era rivolto anche a dei medici per farsi spiegare dove  spararsi per essere sicuri che fosse letale. Il posto è l’orecchio destro, dove c’è il foro di entrata della pallottola che l’ha ucciso. Non può essere un caso”.

Insomma momenti e passaggi veramente forti. Specialmente, come ho scritto sui social subito dopo l’incontro con lui, per chi come me è nato nelle caserme, nella casa di un ufficiale dei Carabinieri. Che si preoccupava di potermi dare un cattivo esempio anche parcheggiando, almeno con le quattro frecce accese, in doppia fila per pochi minuti. 

Grazie a Juan Pablo, un bel messaggio di pace ed umanità.

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