Un rifugio per la libertà

“Donne in Rete contro la violenza” ha lanciato una campagna di raccolta fondi “Un rifugio per la libertà”, su Eppela, per affiancare le donne afghane rifugiate in Italia, accompagnandole nel percorso di accoglienza e integrazione, attraverso un Fondo speciale.

Di cosa si tratta?

A raccontarlo Il progetto è Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza: “Il progetto è nato all’indomani della nuova presa del potere da parte dei Talebani in Afghanistan mentre si completava il ritiro delle forze USA. Da subito è apparso evidente che la condizione delle donne sarebbe peggiorata drammaticamente. E questa volta sarebbe stato anche peggio. D.i.Re ha chiesto da subito l’attivazione di corridoi umanitari per facilitare l’uscita dal paese di tutte le donne che lo richiedono, mettendo a disposizione le case rifugio per ospitarle, e le operatrici dei centri antiviolenza per supportarle nell’affrontare i loro primi bisogni, creando anche il Fondo donne afghane, che nasce dalla necessità di mettere i centri antiviolenza in condizione di poter accogliere effettivamente le afghane in arrivo”.

L’accoglienza è un tema attuale e delicato, che merita attenzione ma anche disciplina, perché sia realmente a vantaggio di tutti: di chi accoglie e di chi è accolto. 

Le parole di Antonella Veltri ci danno ulteriori informazioni sull’iniziativa: “Il progetto “Un rifugio per la libertà”, per il quale è stata lanciata la campagna di crowdfunding voluta da Msd su Eppela, nasce proprio per creare un Fondo a cui i centri antiviolenza della rete D.i.Re potranno accedere quando avvieranno l’accoglienza.  Questa esigenza è determinata dal fatto che per le donne afghane, prive del requisito della residenza, non sarebbe possibile attivare forme di supporto o rette per le case rifugio attraverso i servizi sociali. Appena sarà costituita la dote finanziaria di partenza del Fondo donne afghane, i centri antiviolenza potranno inviare la richiesta di contributo. Ogni centro potrà ricevere il contributo per una donna, fino ad esaurimento delle risorse. Il fondo copre tutte le spese di accoglienza: alloggio e vitto, percorsi di supporto specialistici, ma anche e soprattutto la mediazione culturale, essenziale per chi è da poco nel nostro paese e non conosce la lingua italiana”.
 
“Le donne afghane – conclude la presidente di D.i.Re –  così come tutte le donne, hanno bisogno che siano rispettati i loro fondamentali diritti umani. Una volta giunte in Italia hanno bisogno di essere supportate per poter ricostruire la propria vita nel nostro paese e lasciarsi l’esperienza della violenza e della sopraffazione alle spalle. D.i.Re è in contatto con diverse Ong italiane che sono state e sono presenti in Afghanistan e che dialogano con loro. L’invito è sempre uno, lo stesso: non riconoscere il governo dei Talebani, non legittimare attraverso il riconoscimento internazionale un regime che colloca metà della sua popolazione, le donne, in ruoli di sottomissione e ubbidienza all’altra metà, gli uomini. Le notizie che ci giungono dai media ci spingono a raddoppiare i nostri sforzi per assicurare che nessuna donna venga lasciata sola”.

Un bel messaggio in un momento in cui la questione femminile è da discutere, e valorizzare, concretamente. 

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