Innovare, davvero

Innovazione, una delle parole d’ordine di questi tempi. Un conto è parlarne, però, altro conto è conoscerla davvero e, soprattutto, farla e promuoverla. Proprio in occasione dell’edizione in corso di “Maker Faire – The European Edition” di cui vi abbiamo parlato, tornata “live” fino al 10 ottobre 2021 negli spazi del Gazometro Ostiense di Roma, si ha modo d’incontrare diverse idee e soluzioni concrete e innovative…

E’ questo del resto l’obiettivo della manifestazione organizzata dalla Camera di Commercio di Roma attraverso la sua Azienda speciale InnovaCamera, che porta in questa edizione ben oltre 240 spazi espositivi – tra stand e aree allestite – con concrete possibilità di incontro tra i vari makers, gli artigiani digitali, le imprese, le istituzioni e le scuole per condividere e mostrare le nuove idee tecnologiche. 

Gli “artigiani digitali”, grazie al loro ingegno e ai mezzi a loro disposizione, si sono adoperati per inventare e creare qualcosa di nuovo e di utile per la società. Tante innovazioni sono legate all’ambito covid, e nascono come supporto e aiuto per affrontare questo periodo difficile, altre si allacciano ad altre tematiche altrettanto attuali e importanti, come la sostenibilità e l’economia circolare.

Ogni progetto ha una sua radice e una sua storia e si allaccia a una storia più grande che è quella della fiera. Ne abbiamo parlato con Alessandro Ranellucci, il coordinatore dei contenuti di Maker Faire.

I giovani rappresentano il concetto di innovazione e innovazione è la parola chiave di Maker Faire. Alla fiera troviamo tanti progetti che provengono da scuole e università… Qual è effettivamente lo spazio che le nuove generazioni occupano in questa manifestazione?

Insieme alla parola innovazione ci sono altre parole chiave come “scoperta”, “creatività”, “curiosità” e “ingegno” ed è proprio lì nel mezzo che si collocano i giovani che innovano. Il loro approccio è quello di chi sperimenta partendo da un obiettivo concreto e pratico, utilizzando la tecnologia che hanno a disposizione. Qualche volta la scuola e l’università forniscono ai ragazzi soluzioni a problemi che non si sono mai posti e questo fa sì che l’apprendimento risulti lineare, ma anche passivo, e lasci poco spazio alle anomalie creative. Invece a Maker Faire si mettono in luce tutte quelle esperienze che partono da una sperimentazione e che strada facendo arrivano a costruire della conoscenza.

Siamo giunti alla nona edizione di Maker Faire e tante sono le tematiche che vengono affrontate: dalla robotica all’intelligenza artificiale, dall’agritech al foodtech, dalla salute all’economia circolare. Come sono cambiati i contenuti in questi anni? E in che direzione sta andando la fiera?

I primi anni erano gli anni della scoperta delle tecnologie, della presa di coscienza che queste erano a portata di mano e aprivano mondi nuovi. Oggi questa presa di coscienza è avvenuta fino in fondo: i progetti che vediamo sono progetti applicati che utilizzano queste possibilità per andare a risolvere problemi della vita reale e delle imprese, problemi più seri e più impegnati, come ad esempio la salute, fino a innovazioni più creative che riguardano la moda.

La precedente edizione del Maker Faire è stata online. Quanto è importante essere riusciti a riportarla in presenza?

Abbiamo avuto una richiesta enorme per cercare di riportare in presenza la fiera. È una manifestazione fatta di una condivisione fisica dei progetti. A Maker Faire non ci sono slide o idee astratte, ma progetti in forma di prototipo, funzionanti e tangibili, messi sui tavoli, aperti e quindi esposti in una modalità che permette al pubblico di vedere come sono fatti, di capire, di imparare, di prendere ispirazione. È fondamentale che questa cosa avvenga di persona.

E quanto è significativo ripartire da uno spazio come il Gazometro Ostiense? Quanto incide il luogo?

Incide molto, perché il Gazometro è un luogo simbolico di Roma. In questa fase di trasformazione della città questo quartiere sta assumendo e assumerà sempre di più, grazie agli investimenti sull’area, il ruolo di campus dell’innovazione. Ha doppiamente senso se consideriamo che Maker Faire sarà la prima occasione pubblica in cui si potrà accedere in questa area, che è nota a tutti i romani ma solo da fuori. Quindi il rilancio, dopo l’anno del covid, avviene da un posto nuovo e peraltro al centro della città, con un rapporto più diretto.

La pandemia in questo ultimo anno ha portato a un’accelerazione della digitalizzazione, sia all’interno dei luoghi di lavoro che fuori. Quanto è evidente questa implementazione del digitale nei progetti presenti alla fiera?

In realtà i maker sono sempre stati dei precursori di questo approccio ibrido che unisce la dimensione fisica alla dimensione digitale e forse la stessa identità dei maker nasce dal connubio di artigianato tecnologico. A Maker Faire si è sempre respirata questa linea di futuro, anche unita alla tradizione e all’artigianato. Vero è che quest’anno vediamo progetti che hanno a che fare con pandemia e progetti sanitari, ma, al di là dell’emergenza, continua ad esserci molto interesse verso la ricerca di soluzioni che hanno a che fare con il nostro nuovo modo di vivere, con la nuova consapevolezza che la pandemia ci ha dato.

Uno dei temi caldi del momento è quello della sostenibilità. Come si allaccia ad altre tematiche, come quelle del cibo e dell’agricoltura, e perché possiamo parlare di innovazione anche in questo campo?

Questo è il primo anno in cui per questi temi, che in realtà sono temi centrali a Maker Faire da diversi anni, da un lato l’economia circolare dall’altro l’agrifood, offriamo una chiave di lettura convergente, in cui effettivamente la sostenibilità diventa una lente attraverso cui capiamo la dimensione innovativa della filiera agroalimentare. E quindi ci sono oltre 50 innovazioni da questo punto di vista che mostrano come, sia in ambito di ricerca ma anche in ambito di imprese – start up e tessuto economico –, esistano oggi soluzioni che aiutano la filiera agroalimentare ad abbracciare una dimensione più sostenibile senza rinunciare a una sua dimensione imprenditoriale.

Qual è lo scopo significativo di Maker Faire?

Maker Faire è una grande finestra su tutto quello che nel presente sta avvenendo e ci prefigura il futuro, attraverso tutti quei progetti che non sono solo idee ma prototipi funzionanti, sono realtà concrete e che costituiranno il nostro domani. Questo serve a mettere in circolo l’innovazione con il suo aspetto imprenditoriale e dall’altro lato serve come grande opportunità di orientamento, pensando alle generazioni più giovani che devono orientarsi in un mondo che sta cambiando e che non necessariamente è rappresentato dall’offerta formativa universitaria per come è formalizzata e strutturata oggi.

Per finire, come immagini il futuro?

 Mi piace immaginare il futuro pensando a una innovazione che non è calata dall’alto o spinta dai grandi trend economici, ma un’innovazione che avviene a tutti i livelli e che coinvolge tutti noi nella piena comprensione, ma anche nella sperimentazione, di quello che ci riguarderà.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *