Siamo il modo in cui trattiamo l’altro

In un momento storico così complesso riscopriamo la frase di gandhiana memoria sulla civiltà di un Paese che si misura in base al trattamento dei suoi animali. A dar conto alle notizie ricorrenti, infatti, questa pandemia avrebbe molto a che vedere con il rapporto tra uomo e animali. Un rapporto che, se scorretto, può portare anche a estreme conseguenze. Dovremmo imparare a passare da un sistema ego-centrico a uno eco-centrico, fondato sul rispetto di altri esseri viventi, dell’ambiente. Che poi è rispetto di noi stessi…

In questo contesto, sappiamo quale sia ormai il migliore amico dell’uomo. Il cane è spessì un membro di famiglia per tante persone che crescono insieme all’animale domestico di casa, e lo allevano come fosse un figlio o un fratello. Oggi raccontiamo dunque un’iniziativa proprio incentrata sul nostro migliore amico. Si chiama Dobredog, chiediamo all’addestratore Francesco Fabbri di parlarcene, cos’è e come nasce questo progetto? Dobredog è una visione nata nel 2005 che consiste nel coltivare i valori del cane e trasmetterli. I valori che il cane insegna sono nell’inclusione nel formare il branco, stare insieme, nel raccontarsi con la sguardo. Dobredog ha l’obiettivo di far conoscere questi valori alle persone, attraverso la presentazione e lo sviluppo di progetti e laboratori emotivi nelle scuole, con lo scopo di porre luce sul riconoscimento della diversità e di quanto la parola diverso debba essere percepita come un valore. 

Qual è il momento più emozionante vissuto? Molti, in ospedale, nelle scuole, case di soggiorno, anziani. Io e Valentino ( il mio cane ) abbiamo ascoltato storie, vissuto situazioni. In quegli attimi ci siamo guardati e abbiamo sentito cosa stava succedendo, e senza poterlo raccontare ci siamo semplicemente allineati emotivamente. Ho due immagini che mi porto dentro, e non appartengono a storie difficili comunemente incontrate in un reparto di ospedale. La prima in una scuola durante una pausa, un bambino si avvicina al cane e si sdraia con lui, lo accarezza e inizia a parlargli sottovoce, come avviene con un fratello. Quell’attimo è stato di una intimità che non so descrivere. Sono stato spettatore di Valentino che sembrava conoscerlo, in quanto la sua reazione è stata di “spanciarsi” come per comunicargli:  “siamo uguali, raccontami di te, ti capisco”. 

La seconda immagine, che mi ha donato una forte emozione, è stata nella tenerezza di un’anziana signora, la quale era elegante nei modi e nell’animo. Ritengo che le case di riposo, se così vogliamo chiamarle, siano custodi della nostra storia e di un’umanità che dovrebbe essere valorizzata come patrimonio di una nazione. La signora iniziò ad accarezzare il cane e guardandomi mi disse: “com’è morbido” e cominciò col raccontarmi la sua storia soffermandosi su una ricetta di cucina. Valentino dimostrava “fame” delle sue carezze come ne aveva la signora e gli anziani in genere. “Nessuno ci carezza più sai”, mi disse la signora e tale affermazione che può sembrare una banalità mi ha fatto rendere conto di quanto sia importante un gesto di affetto come una carezza ad una persona anziana. 

Cosa succede tra un cane e un bambino? Davvero la pet therapy aiuta? E come nasce “zampa sul cuore”? Cosa succede non so descriverlo. Immagini, poesie o storie che possono spiegare ciò che avviene semplicemente non esistono. I momenti, gli attimi, in cui i bambini si isolano col cane e si raccontano ci permettono, grazie all’aiuto del cane, di scoprire il mondo dei bambini. Ciò avviene perché il cane sviluppa in noi la capacità di essere attenti ai dettagli, ai movimenti, a tutto il linguaggio non verbale. Zampa sul cuore nasce da una tesi universitaria che ci porta a mettere a confronto dei laboratori che possono portare benefici ai bambini ricoverati nei reparti degli ospedali.I bambini quando incontrano il cane in reparto manifestano sorpresa, curiosità e ritrovano quella parentesi di normalità con loro le famiglie. Sarebbe molto interessante spiegarlo ed approfondirlo ma non sono così bravo a sintetizzare.

Ci sono dei genitori che poi diventano volontari? Che qualità bisogna avere per essere un Dobredog? Nessun genitore diventa volontario, praticare Pet Therapy, che oggi si chiama IAA interventi assistiti con animale, è una professione legalmente regolamentata e non può essere svolta come volontariato. Le qualità tecniche per entrare in Dobredog sono il primo passo, ma è necessario possedere valori che comprendono l’ascolto, il mettersi a disposizione, l’accoglienza, il sacrificio e la voglia di aiutare chi ha bisogno. La semplicità porta con sé tanto impegno.

E il cane che cane deve essere per diventare il dottore dei bambini? Noi abbiamo avuto un rottweiler in pediatria. Non ci sono delle caratteristiche specifiche, ma indicazioni che possono facilitare un cane piuttosto che un altro. Il pelo lungo o corto in alcune situazioni può essere una criticità, così come il colore nero del manto o la stazza dell’animale. Certamente il cane deve avere una predisposizione alle “pubbliche relazioni” ovvero alla prosocialità, e deve svolgere un percorso di abilitazione specifico che lo renda capace di sostenere incontri con contatti più o meno profondi e che possegga capacità di adattarsi a diverse realtà dove può affiancare l’operatore. 

Come vi finanziate? Spesso svolgiamo le attività pro bono. I soggetti che ci richiedono i servizi sono Comuni, Enti, Cooperative, Altre associazioni. La solidarietà, anche in questo caso, vince.

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