Quel che c’è di certo ?
Il bisogno di Identità. Il bisogno di valorizzarla, riscoprirla, difenderla. Fattore indispensabile, per un Paese e per un popolo. Ma anche per più popoli. Perché quello identitario, che può sembrare tra i discorsi più “escludenti”, è quello su cui si basa in realtà la più concreta delle inclusioni.
“Essere intolleranti con gli intolleranti” ci insegna Popper: in questo caso, qui l’apparente paradosso, essere intolleranti significa tutelare la tolleranza. Paradosso che in linea di principio può essere traslato sul discorso sopra accennato.
Favorire accoglienza ed integrazione non significa dis – integrare la comunità in tante piccole altre comunità, arroccate sui propri credo e sui propri destini. Significare darsi un codice di regole comuni, dal rispetto delle quali scaturisce il rispetto e (dunque) una reale, pacifica convivenza. E possiamo parlare tanto di popoli quanto di generazioni. Chi non tollera? Non può essere tollerato.
Oggi più che mai non possiamo permetterci di scherzare, di farci prendere la mano da tentazioni buoniste o velleitarie, da soluzioni temporanee o superficiali. Siamo in un momento di crisi, a partire da quella economica, figlia (a mio parere) di una più vasta e profonda crisi culturale.
Bisogna partire da poche e solide regole per costruire molte e solidissime certezze.
Giovani e giovanissimi sono l’obiettivo di questa azione, ma anche e soprattutto la fonte da cui scaturisce il cambiamento. Che passa dal pluralismo, dalla diversità, ma anche dall’onestà intellettuale di riconoscere e garantire un minimo comun denominatore di regole, diritti, principi. Oggi partiamo dal rispetto, domani diventerà sviluppo, crescita e (dunque) libertà.
Regole chiare, amicizia lunga.
Quest’immagine adesso vi evoca gli stessi pensieri di prima?